Francesca Morgante: debutta il suo primo spettacolo, tra sogno e realtà

INTERVISTA – Francesca Morgante, classe ’91, attrice e cantante. Ci presenta il debutto del suo primo spettacolo “Lido per mari unici” in scena dal 17 al 20 ottobre al Teatro Elicantropo, luogo in cui si è anche diplomata in recitazione. In scena un viaggio nell’inconscio tra tenerezze e scoperte, estati indimenticabili, incontri che scuotono e frammentano.

In locandina si legge “Scritto diretto ed interpretato da Francesca Morgante”. Ci parli della sua genesi?

Io ho una tendenza del tutto personale, e me ne sono resa conto da quando scrivo, mi viene in mente prima il titolo e poi il testo. Pensavo fosse un atteggiamento superficiale ma poi, durante alcune Master Class di Drammaturgia, ho scoperto che ci sono molti registi che hanno questo approccio e che organizzano così il loro processo creativo. “Lido per mari unici” è nato undici anni fa, nel 2013 circa, su un foglietto di carta. All’epoca frequentavo ancora l’università e mi stavo formando al Teatro Elicantropo. In quel momento decisi, tra me e me, che un giorno avrei fatto questo spettacolo e che avrebbe parlato di una donna e che questa storia sarebbe stata raccontata da tanti diversi personaggi che abitano un lido, una spiaggia. Scrissi due appunti e buttai giù di getto un disegnino di una sdraio e finì lì, qualcuno direbbe in un cassetto ma io lo tenevo sempre a vista.

Ero consapevole, in quel momento, di non avere gli strumenti né teorici né pratici per poter affrontare un testo mio. Negli anni, con la pratica e l’esperienza lavorativa, mi sono sentita più forte e quell’idea di tanti anni prima tornò a solleticarmi. Un giorno ritornò a galla, quando mi fu chiesto da Nadia Baldi se avessi un monologo mio da presentare alla rassegna “Racconti per ricominciare”. Di getto risposi di si, ma si può dire che in quel momento fu una mezza bugia perché il testo non era ancora stato scritto, era ancora nella mia testa. Quindi lavorandoci portai, in quella prima occasione, in scena una versione embrionale di questo spettacolo. Già c’erano tanti personaggi e c’era la protagonista che, tramite dei tuffi, ripercorreva momenti di vita rendendosi conto della gabbia in cui si trovava nel presente, seppellita da una relazione tossica. È arrivato poi il momento dell’elaborazione. Mi sono chiusa nell’Asilo Filangieri, insieme a Sebastiano Cautiero, nel 2022 e ho cercato di scrivere tutto quello che mancava. Un processo molto lento che doveva unire molti pezzi. Nel 2023, presentandolo al Campania Teatro Festival, avendo notizia di essere stata presa, ho costruito poi la regia in sei mesi.

E dopo avere strutturato la regia hai individuato la squadra, per questo sogno che diventava realtà.

Sono molto orgogliosa della squadra che mi ha supportato in questo progetto. Sebastiano Cautiero, che avevo citato prima, è stato importantissimo per l’eloquente disegno luci che mi accompagna in scena. Vincenzo Fiorillo e Paolo Iammarone, per l’ideazione e realizzazione della scena. Una scena che è tripartita secondo le esigenze di narrazione e che riesce a presentare tre ambientazioni differenti della stessa spiaggia. Luciana Donadio per i costumi, Ivo Parlati per le musiche, e Luca Lombardi per la voce fuori campo. Il sole di questa spiaggia è stata Angela Rosa D’Auria, un sostegno perpetuo e permanente. Sin dal primo briefing sono stati tutti molto collaborativi e hanno compreso le esigenze di questo spettacolo. Spesso ho “imposto” ritmi ed orari frenetici perché è stato tutto un incastro. Sono stati tutti davvero fondamentali.

Il sogno come ponte per le nuove consapevolezze

Io avevo chiari, sin dall’inizio, i simboli che sarebbero sicuramente stati presenti in questo spettacolo: il secchiello, la paletta, gli ombrelloni e i tuffi. Ho individuato quindi il sogno come quella dimensione onirica di cui avevo bisogno per evocare quelle estati, nel passato e nel presente. Le mie ricerche hanno toccato in più punti Freud e la psicoanalisi ma, in particolare, con Salomon Resnick ho trovato affinità e corrispondenza. In particolare nel suo libro “Il Teatro del sogno”, lui dice che nei sogni noi intraprendiamo una vera e propria elaborazione di quello che raccogliamo durante la giornata ed in sogno, oltre a sovrapporsi tutte le realtà, gli incontri e le parole, suoni e immagini, si sovrappongono anche dati antropologici. Quei dati che ti hanno costruito come persona, quindi quelle esperienze nel tempo, anche di quando avevi cinque o dieci anni, che si sono sommate rendendoti quello che sei. Questo approccio filosofico mi ha spinto a giustificare la mia visione.

Io ho un’attività nel sogno molto molto attiva, per cui ricordo molto dei miei sogni e spesso si tratta proprio di film. Nel periodo in cui lavoravo alla costruzione dello spettacolo, ho aperto spesso confronti e sondaggi con le persone, per capire quale fosse il percorso che potesse davvero condurre il pubblico in questo viaggio con me, con la protagonista dello spettacolo. Gli spettacoli devono essere urgenti, ma la domanda che ci dobbiamo sempre porre: è urgente per me stessa o può davvero consegnare qualcosa al pubblico?

È anche un viaggio dentro Francesca?

Certamente ci sono molte cose che fanno parte della mia vita. Tra i personaggi, che sono diciotto, quello più vivido ed autentico è quello della nonna, che è mia nonna. Il sogno inizia a casa sua, la protagonista si addormenta lì dopo avere ricevuto un messaggio dal suo compagno, un messaggio tossico. La nonna cerca di rincuorarla prima che lei si addormenti «Stringi i pugni a nonna, non è successo niente». Inizia il sogno e la miscellanea tra inconscio e realtà.

Durante le Master Class ho capito che era fondamentale la presenza di co-protagonisti e comparse. I personaggi ci aiutano tutti a darci dei pezzi di questa persona, sono più i personaggi a parlare di lei rispetto a quanto faccia lei stessa. Ad oggi tutti i personaggi sono essenziali per lo sviluppo della storia. Come dice la mamma nello spettacolo «Queste comparse sono dei mari che solcano questo lido», questa persona.

L’intoppo è questa relazione tossica, e la costruzione di   questa gabbia da parte di quest’uomo nella sua ambiguità. Si salva? Questo posso già svelarlo, grazie ad uno dei protagonisti, grazie al padre che nel suo inconscio interviene. Ho scelto il padre perché mi interessava che fosse proprio qualcuno della famiglia e che arrivasse dal passato per ridestarla. Volevo sottolineare che non fosse il compagno a costruire quella gabbia ma lei stessa a farsela costruire. Facendo riferimento alla psicoanalisi, noi intercettiamo le persone di cui abbiamo bisogno, ed è per questo che si puo’ incappare in relazioni che poi dopo scopriamo non appartenerci del tutto. La parte vulnerabile di noi intercetta quelle caratteristiche nel suo processo di affermazione. Ma anche quello che è nocivo può portare ad un’evoluzione.

Cosa vorresti consegnare al pubblico con questo spettacolo?

Il messaggio più importante e rivoluzionario che vorrei consegnare al pubblico è quello di capire che abbiamo tutti un grande potere sulla nostra esistenza che si concretizza nella scelta. Scegliere è una grande rivoluzione. Non restare passivi mentre la vita scorre ed il tempo passa. Al banchetto dei gelati, la protagonista da bambina non sceglie i gusti dei gelati e li fa scegliere prima agli altri, per educazione. Ma, alla fine, è in grado di scegliere i gusti che realmente vuole oppure sceglierà tra quelli che hanno lasciato gli altri?

Prendere posizione è importante, Carlo Cerciello (Direttore del Teatro Elicantropo) ha intitolato questa stagione 24/25 “Odio gli indifferenti” e per quelle che sono le mie possibilità adesso, sento che questo spettacolo può consegnare questo messaggio a supporto del programma generale dell’Elicantropo. Per me fare questo spettacolo nel luogo in cui mi sono formata, e in cui c’è un pezzo di cuore, è davvero importante. Non mi ha mai rispecchiato tanto una stagione come questa. Succede, sia in ambiente di lavoro che in ambito personale, che ci siano persone che condizionano troppo la nostra esistenza, e non si tratta di essere cattivi o maleducati, nell’allontanarli o ridimensionarli o fare valere la propria scelta. Nello spettacolo la protagonista che arriva ad una scelta, è la Francesca adulta.

Inoltre mi auguro che il pubblico riesca a sentire vicine queste voci che gli arrivano da lontano, che riesca a fare questo viaggio insieme a me. Io ci tengo tantissimo al pubblico. Quando mi sono giunti messaggi di apprezzamento, dopo il Campania Teatro Festival, in cui mi dicevano che la nonna gli ricordava la loro nonna, o che quando parlo delle ciambelle calde sulla spiaggia, gli si sono spalancate finestre sulla loro adolescenza, io ne sono stata contentissima. Mi ha colpito che me l’abbia detto anche l’aiuto regia Angela Rosa. Un giorno mi ha detto che la sua fedeltà a questo lavoro sia dipesa anche dal fatto che lei si sia rivista in alcuni tratti della protagonista. A lei devo moltissimo, è stata per me di grande supporto.

Guardandoti indietro, ti senti orgogliosa di questo traguardo e della tua vita lavorativa?

Nello spettacolo il papà dice che mette la rosa vicino alla vite per capire, in base allo stato della rosa, se il vino sarà buono. La rosa si mette a protezione della vita, che metaforicamente vuole intendere la vicinanza dell’arte alla vita come specchio e confronto con sé stessi. Io credo nell’arte ed ho scelto di lavorare come attrice e, per portare in scena questo mio bambino, ho fatto tanti sacrifici. Essendo anche tutto finanziato da me, mi sono impegnata anche in altri lavori necessari per sostentare questo progetto e per assicurare dignità a tutti coloro che sono in squadra con me. E purtroppo non molti colleghi vogliono comprendere quanto questa cosa sia necessaria. Mi sono preparata fisicamente perché questo spettacolo è faticoso da un punto di vista vocale e di energie, ma è mia scelta donarmi al meglio che posso. La mamma nello spettacolo afferma «E’ necessario andare per navigare», spero che tanti mari sceglieranno di bagnare questo lido. Io ce l’ho messa tutta.

Leggi qui la info di presentazione dello Spettacolo “Lido per mari unici”

Lo spettacolo, dopo le date al Teatro Elicantropo, andrà in scena al “Piccolo Teatro del Giullare” di Salerno nei giorni 26 e 27 ottobre.