Al Teatro Bellini prima Nazionale “La grande magia”

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NAPOLI – Al Teatro Bellini, dal 15 ottobre al 2 novembre, in scena La grande magia, di Eduardo De Filippo, regia Gabriele Russo

Calogero Di Spelta, marito tradito, con la sua mania per il controllo e la sua
incapacità di amare e fidarsi, diventa uno specchio delle sfide e delle difficoltà
dell’uomo contemporaneo nell’ambito delle relazioni.

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Un uomo mosso da un sentimento ossessivo, smarrito in un mondo che sembra
altrettanto confuso, con la costante esigenza di aggrapparsi a certezze
granitiche, a costo di rinchiuderle simbolicamente in una scatola. Un luogo
chiuso interpretato da Di Spelta come luogo sicuro, una seconda prigione come
soluzione per la sua relazione, per sconfiggere le proprie paure, le proprie
incertezze e le ossessioni che permeano la nostra società moderna.
Dall’altro lato, Otto Marvuglia, mago e manipolatore, personaggio meno “dolce”
in scrittura di quanto non lo sia in scena quando ammorbidito dall’interpretazione
dallo stesso Eduardo. Il Marvuglia/illusione, il Marvuglia/realtà, il
Marvuglia/impostore sono le facce sempre diverse ed interscambiabili che
modificano il contesto e la percezione della realtà di Girolamo Di Spelta, ne
consegue un continuo cortocircuito che confonde il piano dell’illusione con quello
della realtà, destabilizzando i personaggi stessi e gli spettatori. Smarriti i
personaggi, smarriti gli spettatori, smarriti gli uomini e le donne di oggi, smarriti
nelle relazioni, smarriti nel continuo fondersi del vero e del falso. Cosa è vero?
Cosa è falso?
Note di regia


Perché Eduardo
A ventidue anni ho sperimentato la potenza della scrittura di Eduardo De Filippo
nella fortunatissima edizione di Napoli Milionaria diretta da Francesco Rosi in cui
ero Amedeo, il figlio di Gennaro Iovine interpretato da Luca De Filippo. Quelle
oltre trecento repliche mi hanno fatto toccare con mano la profondità e la
sapienza di questa drammaturgia, il senso, i sentimenti, la verità e la teatralità
insieme che ci sono dietro ogni singolo frammento di testo, la ricchezza che si
rivela in ogni battuta. Ho potuto toccare con mano la grandezza di un autore che
definirei un alchimista della drammaturgia scenica e un mago, appunto, capace
di regalare agli attori parole, contesti ed azioni in cui crescere, imparare,
sviluppare intelligenza teatrale, replica dopo replica. È per questo ed altro che
vent’anni dopo ho sentito che avrei dovuto e voluto mettere in scena un suo
testo. Ma quale?


La grande magia
Se posso dire di essere arrivato razionalmente all’idea ed al desiderio di lavorare
ad un’opera di Eduardo non posso dire altrettanto riguardo la scelta del testo da
mettere in scena che viceversa è stata dettata dall’istinto, ritenendo che da esso
possano venire fuori traiettorie artistiche significative e profonde. Quando ho
chiesto a Tommaso De Filippo i diritti de La grande magia, nel mezzo dei bei
confronti e scambi che hanno nutrito questo percorso, mi ha chiesto
“provocatoriamente” se di fronte ad una eventuale indisponibilità di quel testo
ne avessi voluto indicare un altro e a costo di rischiare di perdere l’occasione di
lavorare ad un testo di Eduardo, seguendo l’istinto che mi aveva guidato in
quella richiesta ho risposto che no, non avevo altre opzioni. Non in quel
momento, non in questo momento. Fra tutti i testi di Eduardo che posso dire di
conoscere a fondo ritengo e sento che La Grande Magia sia quello più necessario
oggi per i temi che affronta, per le relazioni che propone, perché è una
commedia squilibrata, meno lineare e matematica delle altre, sospesa e caotica
come il tempo in cui viviamo, infine, perché come regista sento di poter dare un
contributo specifico e personale.

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La Grande Magia è un testo complesso, ha
l’ampiezza e lo sguardo del gran teatro ed allo stesso tempo offre sfumature nere
della nostra umanità, tratti psicologici addirittura espansi nella nostra società
contemporanea rispetto al 1948, anno in cui La Grande Magia andò in scena per
la prima volta suscitando reazioni controverse e per lo più negative, poiché il
testo non fu capito ed apprezzato. Come sappiamo, per Eduardo quella fu una
profonda delusione, fu accusato di imitare Pirandello o più semplicemente, ci fu
quella resistenza che sempre riscontra un grande artista quando prova ad
esplorare nuovi orizzonti. Il fatto che Eduardo stesso abbia vissuto l’amarezza
dell’incomprensione del pubblico rivela quanto questo testo sia intriso di
profondità e potenzialità per raccontare oggi le nostre emozioni, le nostre
incertezze e le nostre ossessioni. Questa commedia nera, a tratti drammatica,
così ambigua e scivolosa, non ristretta al discorso sulla famiglia, priva di retorica,
sospesa fra realtà e finzione, fra fede e disillusione, teatro e vita, vero e falso.

 

Balasso

Cosa è vero? Cosa è falso?
Eppure, ciò che rende questa commedia ancor più vicina al nostro tempo è il
sentimento ossessivo di Calogero Di Spelta, un uomo smarrito in un mondo che
sembra altrettanto confuso. Un uomo che ha bisogno di aggrapparsi a certezze
granitiche a costo di rinchiuderle simbolicamente in una scatola. E nella scatola è
disposto a credere ci sia sua moglie pur di non dubitare, pur di non vedere, pur di
averla sotto controllo. Un luogo chiuso interpretato da Di Spelta come luogo
sicuro, una seconda prigione come soluzione per la sua relazione, per
sconfiggere le proprie paure, le proprie incertezze e le ossessioni che permeano
la nostra società moderna. Calogero Di Spelta, marito tradito, con la sua mania
per il controllo e la sua incapacità di amare e fidarsi, diventa uno specchio delle
sfide e delle difficoltà dell’uomo contemporaneo nell’ambito delle relazioni.
Dall’altro lato, Otto Marvuglia, mago e manipolatore, personaggio meno “dolce”
in scrittura di quanto non lo sia in scena quando ammorbidito dall’interpretazione
dallo stesso Eduardo. Il Marvuglia/illusione, il Marvuglia/realtà, il
Marvuglia/impostore sono le facce sempre diverse ed interscambiabili che
modificano il contesto e la percezione della realtà di Girolamo Di Spelta, ne
consegue un continuo cortocircuito che confonde il piano dell’illusione con quello
della realtà, destabilizzando i personaggi stessi e gli spettatori. Smarriti i
personaggi, smarriti gli spettatori, smarriti gli uomini e le donne di oggi, smarriti
nelle relazioni, smarriti nel continuo fondersi del vero e del falso. Cosa è vero?
Cosa è falso?


Il cast
Ho sentito fin da subito di non dover necessariamente scegliere gli attori dentro i
confini dialettali poiché questo testo confini non ne ha e la lingua napoletana in
questo caso non è corpo così radicato come in altri testi eduardiani. Nella scelta
mi ha guidato il desiderio di interrogare il testo da una prospettiva che mi
consentisse di ascoltarlo come fosse la prima volta e se è vero che Eduardo fa
grandi gli attori, è altrettanto vero che per recitare le parole di Eduardo ci
vogliono grandi attori, a prescindere dalla provenienza geografica. Ed è a partire
da queste considerazioni che sono arrivato a pensare a Natalino Balasso per
Calogero Di Spelta e Michele Di Mauro per Otto Marvuglia, due interpreti
straordinari che hanno immediatamente accolto con partecipazione e desiderio il
prodigioso confronto che ci attende. Di pari passo, le stesse direttrici, guideranno
la composizione dell’intera compagnia.

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La tradizione come trampolino
In questo ci interroga ancora oggi questo testo, che è certamente un classico e
come tale da affrontare con attenzione e cura senza farsi ingabbiare dalle
trappole della memoria visiva ed uditiva che il teatro di Eduardo porta con sé,
non cancellare la tradizione ma usarla come trampolino, per non usare Eduardo
come vampiri ma per provare a spingere l’analisi sul suo lavoro, se possibile un
passo più avanti, ad esplorare nuove possibilità all’interno delle trame e dei temi
presenti nell’opera e che inevitabilmente ci parlano diversamente settantacinque
anni dopo la prima messinscena. D’altra parte fu proprio Eduardo, rivolgendosi ai
più giovani, ad utilizzare la metafora della tradizione come trampolino e questa
metafora sarà oggetto concreto della scena, il trampolino sarà non solo un
elemento fisico, ma anche un simbolo potente. Rappresenterà il luogo delle
visioni e delle sparizioni, uno spazio sospeso in cui il reale e il fantastico si
intrecciano, le paure si realizzano o svaniscono nel nulla. Sarà il punto di
partenza per esplorare nuove prospettive all’interno della storia e dei
personaggi, permettendo così al pubblico di immergersi nell’oggi de La Grande
Magia che fu.

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Relazioni – personaggi – autori di riferimento
In quest’opera, tutti i personaggi potrebbero manifestarsi come visioni di un
incubo, riflesso dell’angoscia e dell’ossessione di Di Spelta, manipolato abilmente
dal mago Otto Marvuglia. Gli altri personaggi, pur essendo inizialmente
presentati come burattini nelle mani di Marvuglia, diventano a loro volta
burattinai, amplificando la complessità e la fluidità delle scene. Questa dinamica
trasforma costantemente il quadro della narrazione, spostando la messa a fuoco
e offrendo punti di vista mutevoli e contrastanti, sottolineando la natura
sfuggente e misteriosa della commedia. La messa in scena potrebbe essere
concepita come un ping pong continuo fra i personaggi, con il punto di vista che
si ribalta e cambia costantemente. Una dinamica che intensifica la tensione e
l’ambiguità dell’intreccio ed è una direttrice sotterranea al testo che mi piace
evidenziare.
Infine, e se è vero che ci sono notevoli similitudini e riferimenti fra La Grande
Magia e le opere di Pirandello, in particolare l’Enrico IV ma anche,
particolarmente nel terzo atto, a Sei personaggi in cerca d’autore è anche vero
che La Grande Magia mi fa pensare al La Tempesta di Shakespeare per l’omaggio
che è al teatro, alla finzione e all’illusione, perché ha un carattere testamentario
ed esoterico. Perché è magico. Perché è gran teatro. Perché il teatro è una
Grande Magia. Gabriele Russo

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con
Natalino Balasso
nel ruolo di Calogero Di Spelta
Michele Di Mauro
nel ruolo di Otto Marvuglia

e con in o/a
Veronica D’Elia
– Amelia Recchia
Gennaro Di Biase
– Mariano D’Albino e Brigadiere di P.S.
Christian di Domenico
– Arturo Recchia e Gregorio Di Spelta
Maria Laila Fernandez
– Signora Marino e Rosa Di Spelta
Alessio Piazza
– Gervasio e Oreste Intrugli (genero Di Spelta)
Manuel Severino
– Cameriere dell’albergo Metropole e Gennaro Fucecchia
Sabrina Scuccimarra
– Zaira (moglie di Marvuglia)
Alice Spisa
– Marta Di Spelta e Roberto Magliano
Anna Rita Vitolo
– Signora Zampa e Matilde (madre Di Spelta)

scene Roberto Crea
luci Pasquale Mari
costumi Giuseppe Avallone
musiche e progetto sonoro Antonio Della Ragione

produzione Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Biondo Palermo, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale

 

Mostra Eduardo – Il Teatro nel Mondo
𝘌𝘴𝘱𝘰𝘴𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘭𝘰𝘤𝘢𝘯𝘥𝘪𝘯𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘦 𝘮𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘪𝘯 𝘴𝘤𝘦𝘯𝘢 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘯𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘪 𝘥𝘦𝘨𝘭𝘪 𝘴𝘱𝘦𝘵𝘵𝘢𝘤𝘰𝘭𝘪 𝘥𝘪
Eduardo 𝘋𝘦 𝘍𝘪𝘭𝘪𝘱𝘱𝘰
Il 31 ottobre si celebrano i 40 anni dalla morte di Eduardo, tra i più grandi artisti
e drammaturghi del Novecento.
In occasione de che debutta il 15 ottobre con la regia di Gabriele Russo, in collaborazione con la sarà presentata nel Foyer del Teatro Bellini la mostra Eduardo – Il Teatro nel Mondo, con l’esposizione delle locandine delle messe in scena internazionali degli spettacoli
di De Filippo.
A quarant’anni dalla morte del drammaturgo napoletano, omaggeremo il grande
Maestro che con la sua poetica non è stato solamente voce di una città ma di un
tempo, così come dimostrato dal successo della sua opera nel mondo. Dieci
locandine d’autore, dieci rappresentazioni internazionali dei classici del teatro di
Eduardo, dieci splendide testimonianze della grandezza della poetica di De
Filippo.
L’inaugurazione ufficiale è prevista in data 15 ottobre alle ore 18:30, in occasione
del debutto dello spettacolo; la mostra proseguirà fino al 2 novembre.

Info e prenotazione: tel 081 549 12 66