NAPOLI – A Villa di Donato, Sabato 18 novembre, in scena La cappella di famiglia, un racconto di Marco Perillo (che introdurrà come discussant), in cui affabulatrice ed incantatrice è Gea Martire.
Villa di Donato riprende il filone L’arte di raccontare, cunti, favole e altre storie… un progetto speciale, fortemente voluto da Patrizia de Mennato, con importanti voci chiamate a narrare, a dare materia e colore a cunti, favole, e per l’appunto altre storie, ad incantare…
Si tratta di una storia (non un cunto o una favola), i cui toni sono stati romanzati per essere avvincenti e tenere gli spettatori sospesi; se la suspance è dote amabile ed amata in chi scrive, il contesto storico è reale, e si staglia su fatti realmente accaduti a Napoli, alla fine del ‘700, all’epoca di Ferdinando IV e dell’occupazione dei Francesi.
Le storie, dunque, quelle narrate a livello drammaturgico, si innestano sulla Storia, tramandata negli annali e dalle cronache di eventi tangibili, ed in questo solo vocabolo, imponente, germogliano e si dipanano tutte le accezioni più sottili.
Nei medesimi anni Villa di Donato già si ergeva a Sant’Eframo, già era stata costruita e la famiglia e tutti gli affiliati del Borgo ne popolavano la corte, i poderi, le stanze, spettatori di rivoluzioni, cambiamenti politici e restaurazioni.
La vicenda narrata nella Cappella di famiglia, abilmente dischiusa dalla penna di Marco Perillo, riporta agli ultimi anni del 1700: Theresa Blake, giovane donna irlandese, si trasferisce a Napoli per andare in moglie a Giordano Ascione, facoltoso giureconsulto napoletano. Il matrimonio entra presto in crisi: le continue assenze del marito inducono Theresa a sospettare di essere tradita. Amareggiata e delusa, si raccoglie ogni giorno in preghiera nella piccola cappella, di proprietà della famiglia Ascione, dove trova conforto nei benevoli consigli del parroco, don Cosimo.
Un giorno, mentre attraversa il borgo di Santa Lucia in carrozza, conosce un giovane pescatore di nome Antonio, dal quale resta fortemente attratta. Poco dopo don Cosimo la informa di un’incredibile verità appena scoperta: Giordano non la tradisce ma, peggio, è membro di una setta di rivoluzionari, che mirano a rovesciare il trono di Ferdinando IV di Borbone. Di lì a poco la setta viene scoperta e Giordano Ascione imprigionato.
Theresa, sola ed in gravi difficoltà, dopo alcuni mesi ritrova il bel pescatore al borgo di Santa Lucia, dove ogni anno impazza, a fine agosto, l’imperdibile festa della ‘nzegna.
Nel gennaio del 1799 i Francesi entrano a Napoli, Ferdinando fugge a Palermo, i patrioti vengono liberati, Giordano Ascione diventa giureconsulto della neonata Repubblica Napoletana. Il pescatore Antonio, rimasto fedele al sovrano, è in pericolo. Sorte vuole che Theresa sarà nella condizione di assicurargli un rifugio all’interno della cappella di famiglia, dalla quale don Cosimo è stato allontanato per essere anche lui, come tutto il clero, fedele al re.
Nel furore degli ultimi giorni della Repubblica, ancor prima del vendicativo ritorno di re Ferdinando, i due amanti si troveranno a fare i conti ognuno con la propria sorte.