NAPOLI – Al Teatro Tram dal 16 al 19 e dal 23 al 26 febbraio, debutta “Io sono Fedra”, la riscrittura della tragedia di Euripide a cura di Marina Salvetti.
A tessere le trame di un grande classico rivisitato in chiave contemporanea ci saranno, nelle due settimane di programmazione, Titti Nuzzolese, Antonio Buonanno, Errico Liguori, Antonello Cossia, con la regia di Gianmarco Cesario.
“Io sono Fedra” è una riscrittura attualissima della tragedia. Inizia la rappresentazione e non siamo a Trezene, la città del Peloponneso dove è ambientata la versione originaria della storia, ma tra le mura di un seminario.
Non ci sono dei capricciosi a determinare l’ineluttabilità del destino di Fedra, di Teseo e di Ippolito. Eppure i personaggi si muovono nell’ambito della stessa domanda drammatica: è possibile scappare da noi stessi? La risposta è nel titolo.
“Chi è Fedra? La sua storia ci è stata raccontata da Euripide, da Seneca, da Racine e persino da D’Annunzio – spiega Marina Salvetti -. Ma in pochi, presi alla sprovvista e senza Google, saremmo in grado di rispondere a questa domanda su due piedi. Fedra abita il mito ma quasi non ne fa parte. Non è Medea, non è Euridice né Antigone. Non è nemmeno Arianna che, col suo filo, conduce Teseo fuori dal labirinto. Eppure, è sua sorella nonché moglie proprio di quel Teseo che abbandona Arianna a Nasso. Fedra è la figlia di mezzo, la sposa in seconde nozze, la matrigna di cui prendersi gioco. Non ha compiuto gesti eroici, non ha consumato vendette crudeli. Fedra prova a fare la cosa giusta, cerca disperatamente di allontanarsi dal brodo di coltura in cui è cresciuta”.
Fedra non vuole restare intrappolata nelle tare incestuose e scandalose della sua famiglia. Il disperato tentativo di essere migliore di quanto il mondo si aspetti da lei, unito alla ricerca di un’identità deludente ai suoi occhi, fanno di lei una figura estremamente moderna. Fedra si giudica, si punisce, si odia. Non si riconosce nella donna che è diventata e che in tanti amano. Sente di essere nel torto a causa dei suoi sentimenti verso il giovane Ippolito che la detesta. È l’unico a farlo, ma Fedra non sembra vedere altro che quel biasimo. Ippolito è il solo specchio in cui lei vuole guardarsi. L’epilogo tragico della storia è frutto del desiderio di autodistruzione di Fedra.
“Portare in scena il mito è un compito che il Teatro s’è posto sin dalle sue origini – sottolinea il regista Gianmarco Cesario -, e quello che mi ha entusiasmato in questa operazione è stato il poter lavorare su una scrittura scenica moderna, che mette al centro della vicenda le crisi di donne e uomini di oggi, ma con riferimenti precisi ai corrispondenti archetipi del V secolo a.c. Il profondo studio psicologico e teologico affrontato dall’autrice mi ha dato la possibilità di lavorare con libertà nella creazione di una rappresentazione essenziale in cui il ruolo degli attori è stato fondamentale”.
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