NAPOLI – Al Teatro Tram dal 19 al 22 gennaio, in scena “Paupaulò” scritto e diretto da Pasquale Palma, volto noto della tv e del cabaret – è stato protagonista di diverse edizioni di “Made in Sud” – ma anche del teatro e del cinema. Con lui sul palco del Tram Vincenzo Salzano: insieme, in una dimensione spazio temporale molto asettica e desolata, interpretano “Uno” e “Due”, intenti a costruire qualcosa per loro molto importante: il Paupaulò. La fine dell’assemblaggio di quel criptico totem sembra non arrivare mai o forse arriva troppe volte e a loro insaputa.
Ogni giorno che passa, ogni volta che il buio scandisce la fine, i pezzi da mettere insieme sembrano aumentare invece che diminuire. La continua costruzione e distruzione del Paupaulò gli dà e gli toglie ripetutamente l’opportunità di tirare fuori da loro stessi tutto ciò che di costruito e distrutto ci portiamo dentro. Ma la vera missione di “Uno” e “Due” è portare a termine il Paupaulò o è quella di farlo funzionare?
“Cosa significa davvero avere un obiettivo? E qual è l’obiettivo di ogni singola esistenza? Queste sono le domande che mi hanno portato a immaginare Paupaulò – chiarisce Pasquale Palma, che ha lavorato anche al cinema in film di Vincenzo Salemme e Alessandro Siani, nonché in “San Valentino Stories” -. Una visione, più che un normale testo teatrale. Ho immaginato questi due personaggi, che ho chiamato Uno e Due, poiché possono essere tutti o nessuno, intenti nel portare a termine il loro obiettivo: costruire il Paupauló. Cos’è il Paupauló? Cosa nasconde questo nome così atipico? E in cosa consiste il loro lavoro preparatorio alla costruzione e messa in funzione finale? Tutto ciò è ignoto ai personaggi stessi, ma c’è un qualcosa di alto e di trascendentale che li spinge a continuare. Il loro lavoro diventa anche il palesarsi della loro lotta continua con se stessi e con il mondo esterno. Forse il Paupauló li può salvare? Forse. Il tempo e lo spazio sono due fattori che ho voluto lasciare indefiniti. Potrebbe essere un passato distopico che ha partorito i tempi che viviamo, potrebbe essere il futuro che ci aspetta o semplicemente, e in modo inquietante, tutto ciò è il nostro oggi. Speriamo nel Paupauló. Nel nostro. Ognuno nel suo”.
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