Luca Barbareschi sceglie di portare in scena “Il penitente”, testo del Premio Pulitzer David Mamet, accompagnato da Lunetta Savino, Massimo Reale e Duccio Camerini. Lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale al Napoli Teatro Festival nel 2017 riscuotendo innumerevoli consensi. Il fulcro della storia è la crisi, morale e professionale, di uno psichiatra che rifiuta di testimoniare in favore di un suo paziente che ha commesso una strage uccidendo diciotto persone.
Il dramma è descritto in otto scene durante le quali il protagonista si confronta con la moglie, con il suo avvocato e con la pubblica accusa. In ogni singolo quadro sono presenti sempre due attori, otto incontri di boxe, un ring sul quale spesso lo psichiatra è alle corde.
Lo spettacolo inizia prima che inizi. Il pubblico accede in platea, sfila i cappotti, trova il suo posto e chiacchiera col vicino del più e del meno. Intanto sul palco, sospeso in aria, è posto un cubo sul quale vengono proiettati stralci di giornali e telegiornali. Notizie di casi di cronaca ed errori giudiziari eclatanti si susseguono in un fluire ed avvicendarsi: l’omicidio di Meredith, lo scandalo Watergate, la condanna a morte degli innocenti Sacco e Vanzetti, l’assoluzione di Enzo Tortora ed il proscioglimento di Artis e Carter che diverrà direttore dell’associazione per la difesa dei condannati per errore. In una decina di minuti si sintetizza una dinamica che accade molto spesso nel nostro quotidiano quando determinate notizie ci giungono da lontano mentre siamo impegnati a fare altro. Luca Barbareschi accede in platea, si sofferma tra le persone con un giornale tra le mani che ogni tanto legge, per poi dirigersi sul palco e scandire l’inizio in un cambio di luci.
La scenografia è essenziale ed immediata, un tavolo e due sedie inserite al centro di un quadrato luminoso. Il cubo sospeso in aria invece cambia colore a seconda del personaggio che si trova in scena, potrebbe essere un riferimento ai cubi colorati dello psichiatra Lüscher. Altra allusione alla psicologia è il concetto di trauma citato più volte dal protagonista. E’ traumatico infatti l’impatto invasivo della stampa sulla sua vita in risposta al suo rifiuto a testimoniare. Volendo trovare risposta al suo diniego la notizia viene manipolata e distorta aggrappandosi all’omosessualità del paziente. Si insinua nella gente l’idea che lui voglia far prevalere il precetto della sua fede ebraica che condanna l’omosessualità rispetto al suo dovere di medico. Si assiste ai tormenti del protagonista che, incredulo, non riesce ad accettare come il suo nome e la sua identità dalla condotta irreprensibile siano messi alla gogna e lanciati in pasto alla gente con mezze verità, devastando tutto ciò che lo circonda: lavoro, affetti, amicizie e rispettabilità. Può la stampa sentenziare e sostituirsi alla legge?
Lo stress dell’uomo si rifrange sulla sua sfera personale e sul rapporto con sua moglie, la quale a sua volta subisce il trauma di essere anch’essa giudicata e allontanata dalla gente. Chiedono allo psichiatra di consegnare gli appunti delle sue sedute e lui sceglie di appellarsi al giuramento di Ippocrate che suggella il segreto tra medico e paziente. Il suo avvocato e amico gli consiglia di arrendersi e rilasciare una dichiarazione in difesa del ragazzo ma qualcosa, che non è chiaro neanche al pubblico in platea, lascia l’uomo nella posizione di non ritrattare e di perseverare su una strada che ritiene retta in difesa dei suoi principi. Se distruggesse gli appunti andrebbe contro la legge ma se li consegnasse andrebbe contro se stesso. Sceglie di affidarli al suo amico solo per renderlo partecipe, senza autorizzazione a pubblicarli. Sotto accusa è la stampa che si fregia di pubblicare notizie tossiche, noncurante della deflagrazione che queste potrebbero avere sulla vita del singolo. Ma è davvero innocente? Oppure c’è una qualche forma di errore, commesso in modo più o meno consapevole, nella sua condotta di psicoterapeuta?
Lo spettacolo sarà di scena al Teatro Mercadante fino a domenica 17 febbraio.
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